venerdì 5 agosto 2011

Riflessioni estive

L'albero della speranza



Da quando è terminata la scuola, ho preso l'abitudine, a volte, di fare qualche passeggiata in bicicletta, durante le prime ore del mattino, prima che i raggi solari diventino troppo cocenti oppure un po' prima del tramonto. Inizialmente non avrei mai pensato di poter trovare un benché minimo sollievo fisico e psicologico da questa attività, poiché, fino a qualche anno fa, ho sempre praticato l'equitazione come hobby. Passeggiare in sella al mio cavallo da sola o in compagnia di amici costituiva l'unico modo per rilassarmi veramente, mantenere il fisico in forma e liberare la mente dai mille pensieri quotidiani di ordine socio-affettivo ed economico; pertanto raramente mi è capitato di usare la bicicletta.
Oggi purtroppo non posso far altro: è l'unica risorsa che ho a disposizione. I tagli alle spese mi hanno imposto molte rinunce che, con il passare del tempo, sono divenute sempre più pressanti ed insostenibili . La rinuncia più dolorosa è stata per me, non avere più la possibilità di possedere un cavallo, ossia un vero amico, non poter più partecipare alle cene, ai pranzi … a tutte le manifestazioni legate alle premiazioni dei vari concorsi letterari, di cui andavo veramente fiera, così come andare al mare con una certa regolarità in estate, al cinema, a mangiare una pizza in compagnia di amici, possedere una discreta stabilità economica familiare, godermi un breve soggiorno al mare o alle terme con la famiglia ed …. altro ancora! Non proseguo perché l'elenco diverrebbe abbastanza lungo.
Alcuni sacrifici si possono e si devono accettare ma altri proprio no, altrimenti ritengo che non valga la pena di vivere: penso che non sia affatto dignitoso per gli individui ridursi a trascorrere la propria esistenza esclusivamente come "tubi digerenti". Siamo esseri umani e come tali sono convinta che dobbiamo, non solo soddisfare i nostri seppur indispensabili "bisogni primari", ma almeno tentare di soddisfare alcuni dei bisogni non indispensabili alla sopravvivenza fisica ma necessari alla salute della mente, i quali tendono a colmare quell'inquietudine spirituale che spesso si trasforma in vera e propria insoddisfazione esistenziale, poiché come recita un vecchio detto "non si vive di solo pane".
Bene, anzi male, in questo momento avverto l'esigenza fortissima di dover cambiare qualcosa nella mia vita che lentamente scorre piatta come un vecchio film senza sonoro, ma purtroppo mi rendo conto che ciò non è possibile, per una serie di circostanze che si sono venute a creare gradualmente ed inevitabilmente a livello familiare e, come le inesorabili sabbie mobili di una palude, mi stanno lentamente "risucchiando" verso il fondo. Riesco addirittura a percepire la stretta soffocante della melma viscida che mi avvolge il corpo quasi completamente, lasciando scoperto solo il volto sofferente. Sono caduta ingenuamente in uno dei mille tranelli che la vita, ammaliatrice, riserva in particolar modo ai sognatori e, in questo momento, non riesco proprio intravedere una svolta positiva .
Ritornando alla premessa iniziale, non mi sarei immaginata di trovare uno spazio personale per un po' di relax in questo periodo insolito della mia vita, pedalando per le stradine polverose di campagna che delimitano le piantagioni di girasoli e i curatissimi frutteti che circondano il paesetto in cui vivo; invece una mattina, casualmente, ho riscoperto il piacere di gustarmi appieno il paesaggio agreste, incorniciato dai verdeggianti monti pisani, che ho amato fin dal primo lontano incontro nel 1995.
Assorta nelle mie meditazioni, imbocco una stradina al termine della quale, scorgo un recinto di vecchi pali di castagno, mentre mi avvicino cauta ma ansiosa di scoprire il locatario dell'austera dimora, un grosso cavallo sauro sporge il suo lungo muso dalla barcollante recinzione, immediatamente scendo dalla bicicletta che sistemo con cura al tronco di un albero vicino, per osservare da vicino il cavallo che mostrava l'intenzione di socializzare senza ombra di timore. Prima di tentare un contatto fisico con l'animale, cercando di accarezzargli il muso, mi procuro un ciuffetto di gramigna fresca da offrire al mio nuovo amico, il quale si affretta ad assaggiare con voracità, eh sì…. con molta voracità poiché, a ben guardarlo, evidenziava buona parte dell'impianto scheletrico al posto della possente massa di vigorosi muscoli ricoperti da un mantello di lucido pelo, che un esemplare della sua stazza, avrebbe dovuto mostrare. Mossa a compassione ho cercato altra erba da elargire al povero cavallo, il quale ogni volta che assaporava il magro pasto, nitriva in segno di gratitudine. Da quel giorno mi sono impegnata a portare, quando mi è stato possibile, un po' di pane secco a "cavallo affamato"(così ho soprannominato il mio nuovo amico).



Dopo aver salutato il cavallo malridotto, riprendo a pedalare, in cerca di un'altra strana avventura. Mentre percorro un viottolo di terra battuta, ricoperto da folta erba verdeggiante, lungo la sponda di un ampio fossato, ormai prosciugato dalla calura estiva, vedo alla distanza di un centinaio di metri da me, un albero gigantesco dalla chioma enorme: una vera meraviglia della natura!

Mi affretto, quindi, per giungere prima possibile al riparo dal sole che, data l'ora tarda, cominciava a sprigionare la sua potente energia. In breve giungo all'ombra proiettata dalla grande chioma. L'enorme pioppo si ergeva davanti a me, imponente guardiano del campo di girasoli dirimpetto, silente ma allo stesso tempo eloquentemente invitante. Il frinire incessante delle cicale inondava il paesaggio circostante avvolto da un'atmosfera magicamente estiva. La musica ritmata del cicaleggio veniva interrotta, a tratti, dallo stormire delle grandi foglie, agitate dalla fresca brezza che, come una lieve carezza materna, sfiorava delicatamente il mio volto imperlato di sudore. Immediatamente ho percepito quel tocco leggiadro come il contatto di una grande mano invisibile che, oltre a procurarmi un momento di ristoro, volesse offrirmi il proprio conforto, invitandomi a non scoraggiarmi, a non perdere la fiducia in me stessa ed a proseguire nel mio percorso tortuoso, irto di difficoltà, poiché dopo la faticosa, interminabile salita finalmente è possibile giungere sulla vetta di un'alta montagna sulla quale si estende un' ampia radura in cui risplende il sole. Guardando l'albero dal basso verso l'alto ho provato un senso di rispetto riverenziale e di ammirazione, mista a venerazione per cui ho deciso di attribuire al gigante della Natura, l'appellativo di "Albero della Speranza". Ogni volta che decido di passeggiare in bicicletta mi fermo all'ombra del grande pioppo in cerca di una carica positiva che mi aiuti ad andare avanti fiduciosa e ad addormentarmi la sera, senza il desiderio di non dover riaprire gli occhi la mattina successiva, ma di poter godere sempre della gioia che la vita può offrire quotidianamente anche quando il cielo appare grigio.

Cristina